- 30 Novembre 2021
- Posted by: Luca Ambrisi
- Categoria: Articoli e Interviste
E’ stato pubblicato da Focus Risparmio un articolo di approfondimento sulla previdenza complementare dal titolo “Pensioni: la guida per scegliere fra etf, pip, fondi aperti e negoziali”.
Luca Ambrisi, consulente patrimoniale ALFA SCF, ha contribuito con approfondimenti tecnici sulle diverse opzioni in tema di investimenti integrativi alla pensione.
Riportiamo il testo dell’articolo di Alessio Trappolini, Focus Risparmio:
Il fattore selettivo più importante per scegliere fra questi strumenti rimane il costo, ma non è l’unico elemento da valutare. Vediamo nel dettaglio quali sono le considerazioni da fare nella scelta dello strumento più efficiente per la costruzione di una pensione complementare
Analizziamo una ad una le diverse soluzioni di investimento che il mercato offre ai risparmiatori per la costruzione della propria pensione complementare o integrativa; dal fondo pensione tradizionale ai piani previdenziali implementati tramite Etf, passando per Pip e fondi aperti.
Il fattore selettivo più importante per scegliere fra questi strumenti rimane il costo, ma non è l’unico da valutare. Fra gli aspetti più rilevanti, infatti, vi sono anche elementi di natura fiscale e giuridica.
Tassazione agevolata per i fondi pensione
Fra gli altri aspetti più rilevanti a favore dei fondi pensione, aperti e negoziali, c’è la tassazione dei rendimenti: per questi prodotti il prelievo è al 20% e non al 26% come per gli altri strumenti, fra cui gli Etf. Gli aspetti fiscali per i fondi pensione non si limitano ai rendimenti ma vengono estesi anche alla tassazione agevolata sul capitale al momento dell’erogazione della prestazione, che viene tassato con un meccanismo decrescente con aliquota sostitutiva tra il 15 e il 9%.
Spesso vengono citate dagli esperti anche caratteristiche di natura giuridica delle quote dei fondi come, per esempio, la reversibilità, l’impignorabilità e insequestrabilità dall’autorità giudiziaria.
I costi dei fondi pensione e dei pip
Come evidenzia Covip nella “Relazione annuale 2020” i Pip restano i prodotti più onerosi: su un orizzonte temporale di dieci anni, l’indicatore sintetico dei costi (Isc) è in media del 2,18% (1,87% per le gestioni separate di ramo I e 2,35 per quelle di ramo III). Si conferma, invece, la minore onerosità dei fondi pensione negoziali: sul medesimo orizzonte temporale, l’indicatore è dello 0,43%. È dell’1,36 per cento per i fondi pensione aperti.
Ma vediamo più nel dettaglio quali sono le considerazioni da fare nella scelta dello strumento più efficiente per la costruzione della propria pensione complementare.
Fondi pensione negoziali: costi bassi ma poca flessibilità
“I fondi pensione negoziali sono quelli più efficienti da un punto di vista di costi, siano essi diretti (gestione del fondo), indiretti (adesione, versamenti) o accessori (anticipazione, trasferimento, riscatto, cambio di comparto)”, spiega Luca Ambrisi, consulente finanziario per la società Alfa Scf. “L’altro grande vantaggio – aggiunge l’esperto – deriva dalla possibilità di ottenere un contributo aggiuntivo dalla parte datoriale del rapporto di lavoro”.
Fra gli svantaggi, Ambrisi cita il limite all’adesione derivante dall’appartenenza a una specifica categoria professionale che ne limita la flessibilità. “Se cambio categoria lavorativa perdo il diritto alla contribuzione andando incontro a una discontinuità della posizione di previdenza integrativa”. E poi c’è la limitatezza nell’offerta di comparti o linee di gestione. “Soprattutto i fondi pensione più piccoli offrono gestioni e comparti abbastanza standard lasciando poca scelta al sottoscrittore. Un limite evidente è rappresentato da quei fondi che non danno la possibilità al soggetto aderente di investire in linee di gestione con un’adeguata esposizione azionaria; in alcuni casi, infatti, all’interno del fondo negoziale non esistono comparti che prevedano una soglia di investimenti azionari superiore al 50%. Questo, in modo più accentuato per gli aderenti più giovani, potrebbe rivelarsi nel lungo periodo uno svantaggio non indifferente in termini di minor crescita del capitale versato, specialmente se permarranno anche in futuro tassi obbligazionari molto bassi”, afferma il consulente.
Fondi pensione aperti: flessibilità nelle scelte ma salgono i costi
Sui fondi aperti il panorama è più variegato. “C’è maggior ampiezza nell’offerta, è quindi possibile fare confronti più approfonditi fra diversi fondi e fra diverse linee di investimento di una stessa gamma. Anche in termini di contribuzione c’è una maggior possibilità di scelta”, osserva Ambrisi, che aggiunge “l’altra faccia della medaglia è rappresentata dai costi, che possono essere decisamente più elevati”.
“Nel panorama dei fondi pensione aperti la scelta può essere ardua – spiega il consulente di Alfa Scf – Spesso gli intermediari hanno nel loro catalogo prodotti apparentemente molto simili ma con costi anche molto diversi a seconda della linea di gestione che si sceglie”. In questi casi, sottolinea Ambrisi, è importante farsi guidare nella scelta per saper trovare anche all’interno della gamma di una stessa casa di gestione la formula meno onerosa e più adeguata al proprio profilo di rischio.
Piani individuali pensionistici: rendimento garantito ma a caro prezzo
Il Pip (Piano individuale pensionistico di tipo assicurativo) è una forma di previdenza complementare privata istituita da imprese di assicurazione. “Questo prodotto può prevedere una sorta di rendimento garantito rispetto al valore del capitale iniziale ma a fronte di costi spesso molto più elevati rispetto alle altre alternative analizzate”, precisa l’esperto.
Etf: costi bassi ma si perdono i benefici fiscali
L’alternativa più vantaggiosa dal punto di vista dei costi potrebbe essere un piano di accumulo in Etf, ma secondo il consulente interpellato da FocusRisparmio è una via da percorrere con cautela: “La totale trasparenza dello strumento (la posizione si può consultare in real-time dal proprio conto titoli, ndr) e la flessibilità di un tale piano, che può essere modificato o interrotto in ogni momento, possono rivelarsi un’arma a doppio taglio se non si riesce a gestire l’emotività nelle fasi di ribasso dei mercati”.
Fra gli svantaggi del ricorso a piani di contribuzione in Etf c’è anche la perdita dei benefici fiscali cui si ha invece diritto utilizzando strumenti di previdenza integrativa tradizionali.
“Si può ovviare a questo svantaggio affiancando soluzioni previdenziali tradizionali e piani implementati in Etf, ricorrendo a questi ultimi solo dopo aver già raggiunto la soglia annuale di deducibilità dei contributi di 5.164,57 euro”, propone Ambrisi.
La cosa più importante, sottolinea il consulente, è muoversi per tempo “iniziando il processo di accumulo non oltre i 35 anni e incrementando le quote destinate al proprio piano previdenziale integrativo con l’avanzare della carriera. La previdenza complementare è destinata a diventare un tassello sempre più importante di una più ampia pianificazione patrimoniale”, conclude.
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