- 3 Agosto 2020
- Posted by: Ida Pagnottella
- Categoria: Articoli e Interviste
Articolo a cura di Ida Pagnotella e Claudia Iachella per l’Ufficio Studi ALFA SCF
Fin dall’antichità l’oro è stato utilizzato dalla civiltà come moneta di scambio grazie alla peculiarità di conservare il potere di acquisto. Viene spesso citato anche nel Vecchio Testamento per le sue qualità intrinseche: non si ossida come il rame o il ferro e non si offusca a differenza dell’argento. Le monete legali cartacee o di bassa lega metallica devono invece il proprio valore alla garanzia fornita da Stati che abbiano potere sovrano e militare. L’oro è dunque l’unica moneta il cui valore è intrinseco e non dipende dal potere sovrano di uno Stato.
Se da un lato tale metallo prezioso è tradizionalmente considerato uno strumento di copertura dall’aumento dell’inflazione, in quanto riserva di valore, dall’altro soffre l’innalzamento dei tassi reali a causa dell’assenza di flussi reddituali periodici che, in tale contesto, rendono maggiormente appetibile l’investimento in titoli obbligazionari.
Nel grafico a lato sono riportati il prezzo dell’oro in USD ed i rendimenti dei titoli di stato USA a 10 anni (in scala invertita a dx), ad evidenza che più bassi sono i rendimenti reali, più l’oro è preferito.
Inoltre, fasi di sell-off come la più recente del marzo scorso, ne favoriscono l’acquisto data la natura di bene rifugio e la conseguente capacità di offrire protezione dai ribassi dei mercati azionari.
I tassi reali e l’inflazione sono temi chiave che interessano tutti i Paesi a livello globale, soprattutto in un contesto come quello attuale, ed essendo i driver primari della quotazione dell’oro è possibile ipotizzare l’andamento del metallo prezioso in base alle aspettative sull’andamento di tali variabili.
Alla fine del 2019, il rapporto tra il debito mondiale totale (Stati ed imprese) ed il PIL ha toccato un nuovo massimo assoluto di oltre il 322% e con la crisi in corso il rapporto è inevitabilmente destinato a salire.
Nella situazione appena descritta, caratterizzata dal continuo incremento di debito nel sistema fino a livelli insostenibili, il focus delle banche centrali e degli Stati sovrani è generare maggiore inflazione e scongiurare a tutti i costi la deflazione, ovvero un tasso di inflazione negativo. Mantenendo al contempo i tassi di interesse al di sotto del livello dell’inflazione (“tassi reali negativi”), si può raggiungere l’obiettivo di riduzione del peso del debito rispetto al PIL in termini reali.
Così come ribadito negli ultimi giorni anche dalla FED, non sono previsti rialzi dei tassi per molto tempo, mentre le aspettative di inflazione sono in crescita. Ciò comporta da un lato la svalutazione e l’alleggerimento dei debiti accumulati e dall’altro un sostegno all’incremento del valore dell’oro.
Sul piano tecnico, nelle ultime settimane l’attenzione degli operatori finanziari e dei media è stato attirata dal raggiungimento del valore di 2.000 USD/oncia da parte del future sull’oro. Sicuramente è un obiettivo significativo, tuttavia per chi si sta chiedendo se possa salire ancora, è importante osservare la situazione anche da un altro punto di vista. Nel grafico sottostante [fonte: analisi ALFA su piattaforma Bloomberg] riportiamo infatti la quotazione dell’oro (in nero) sovrapposta al valore dell’oro aggiustato per l’inflazione (in rosa) dal 1975 ad oggi. Come si può notare, mentre la prima è effettivamente su livelli di massimi assoluti, la quotazione in termini reali è ancora al di sotto dei livelli del 2011. Per gli amanti dell’analisi tecnica possiamo individuare una resistenza sul livello corrente e l’andamento nelle prossime settimane può essere indicativo del trend di questa commodity nel medio/lungo periodo.
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