- 26 Novembre 2019
- Posted by: Sara Cinerario
- Categoria: Articoli e Interviste
La comunicazione finanziaria in merito è incessante: ESG, SRI, investimenti sostenibili, responsabili, etici. Sara Cinerario, consulente patrimoniale in ALFA SCF, segue e approfondisce da tempo questi temi.
Oggi ci aiuta a fare il punto e comprendere meglio le dinamiche in atto tra finanza e sviluppo sostenibile.
Nel corso del 2019 si è sentito parlare incessantemente nel mondo della finanza di investimenti sostenibili, investimenti responsabili, finanza etica, impact investing. Acronimi coniati nel tempo come ESG, SRI, SDG, sono sempre più utilizzati nella comunicazione con il pubblico.
Il mondo della finanza è in gran fermento su questo tema visto il forte aumento del numero di investitori che si definiscono o che sono definiti “responsabili”. L’AIPB (Associazione Italiana Private Banking) ha condiviso i risultati di una ricerca dalla quale si evince che il 59% degli intervistati conferma di voler investire per ottenere i rendimenti sperati cercando di essere coerenti con i valori in cui crede.
Proprio per questo – in presenza di così tanti stimoli esterni – è necessario fermarsi un attimo a comprendere meglio le dinamiche in atto nel mondo degli investimenti e il loro collegamento con l’economia reale globale e con la sfera di percezione personale rispetto a questo tema. ALFA SCF lo sta facendo con una serie di iniziative: questo articolo in particolare si concentra sul concetto di investimento sostenibile e su come attualmente il mondo finanziario lo stia approcciando.
L’investimento sostenibile può essere definito come un approccio di lungo termine che include i fattori di sviluppo sostenibile nelle decisioni di allocazione del proprio patrimonio.
A livello generale l’ONU ha stilato un elenco di 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) per l’umanità. Il mondo finanziario e imprenditoriale fa spesso invece riferimento ai tre fattori ESG: l’acronimo ESG è composto da tre parole inglesi (Enviromental, Social and Governance). Il primo elemento è Ambiente, che comprende la valutazione di rischi quali i cambiamenti climatici, le emissioni di CO2, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, gli sprechi di risorse, la crescita della popolazione e la deforestazione. La seconda dimensione è Sociale e comprende le politiche di genere, i diritti umani, il lavoro minorile, gli standard lavorativi e i rapporti con la comunità civile. Il terzo universo è relativo alla Governance aziendale e comprende la qualità e diversità degli organi di controllo dell’azienda, pratiche di governo societarie comprese le politiche di retribuzione dei dirigenti, la composizione del consiglio di amministrazione, le procedure di controllo, i comportamenti dei vertici e dell’azienda in termini di rispetto delle leggi e della deontologia.
Secondo un report della Global Sustainable Investment Alliance americana, il valore del mondo degli investimenti ESG è di 30,7 trilioni di dollari, ovvero circa un terzo del PIL mondiale.
Ma come si fa a definire un investimento come “ESG”?
Non c’è al momento una interpretazione univoca. Secondo la prassi finanziaria, vi sono molteplici possibilità per incorporare gli investimenti sostenibili nel proprio portafoglio.
- SCREENING / SELEZIONE NEGATIVA si tratta di un approccio passivo in quanto si escludono tout court alcune aree di business considerate non etiche e non eco compatibili;
- BEST IN CLASS / SELEZIONE POSITIVA selezione all’interno dei settori di business delle imprese che meglio hanno performato rispetto ai criteri ESG;
- FOCALIZATION ci si focalizza su un singolo tema attraverso una selezione positiva (es. governance, eco-efficienza, diritti dei lavoratori);
- ESG INTEGRATION – dare un rating ESG a ogni singola azienda in funzione di alcuni parametri stimabili o osservabili. Questo ultimo caso è un approccio proattivo ma più complesso da analizzare dall’esterno.
Le quattro modalità indicate trovano particolare applicazione per portafogli azionari, mentre è più difficile l’applicazione per altre asset class, ad esempio il mondo obbligazionario.
A livello di Unione Europea la normativa finanziaria dal canto suo si sta muovendo nella direzione di sviluppare una finanza sostenibile indicando agli stati membri la via perché avvenga un’integrazione dei fattori ESG nel processo decisionale di investimento per rendere gli investimenti più sostenibili tenendo conto dei criteri precedentemente elencati.
In quest’ambito l’UE sta lavorando alla creazione di una tassonomia comune in grado di fornire agli investitori un quadro di riferimento chiaro e univoco di quali attività possono considerarsi sostenibili.
In conclusione, anche per chi oggi si volesse impegnare con il proprio portafoglio finanziario per uno sviluppo sostenibile, ad oggi non esistono delle definizioni precise e questo porta a una uniformità di percezione “sostenibile” a fronte di strumenti e prodotti molto diversi tra loro; ad esempio molte case prodotto tendono a pubblicizzare fondi green o etici, che in realtà utilizzano il solo criterio di esclusione senza effettuare una analisi del rispetto da parte della specifica azienda dei criteri ESG.
Per questo motivo, se si vuole scegliere un investimento sostenibile è necessario capire la strategia utilizzata dal gestore e nel caso di ETF l’indice benchmark di riferimento e il tipo di selezione adottata – a livello di esempio, alcuni indici particolari già solo dal nome sono MSCI World Women Leadership (aziende che valorizzano donne ai vertici aziendali) oppure MSCI Europe Select Catholic Principles ESG Leaders 10/40 Index (aziende che si allineano ai principi di investimento della Chiesa cattolica) o ancora NASDAQ OMX US Water (aziende che si occupano della purificazione dell’acqua).
L’idea sottostante di chi propone prodotti ESG è che società “migliori” nei rating ESG possano avere nel tempo una sostenibilità maggiore anche in relazione alle performance di business e conseguentemente di valorizzazione dei titoli, contribuendo a un circolo virtuoso negli impatti ESG.
In realtà, tralasciando la performance, un ulteriore elemento di attenzione riguarda il fatto che le selezioni effettuate con criteri ESG a priori possano avere effetti concreti sulla sostenibilità nel lungo termine non solo dei portafogli ma anche dei fattori sociali-ambientali che li motivano e ne danno il nome.
Non credo che gli investimenti sostenibili siano una moda del momento di cui non si parlerà più nei prossimi anni.
La necessità di trasformare il mondo intero, a partire da quello finanziario, in un mondo a basso impatto ambientale e rispettoso dei principi sociali è una problematica ormai all’ordine del giorno.
Per fare questo sono necessarie regole condivise, a livello globale, sia per i Paesi sia per le imprese. Questo è quello che si aspettano le generazioni future di cui fanno parte i nostri figli e nipoti.
È piacevole e fonte di speranza per il singolo individuo cercare di avere un impatto positivo sul futuro. Lo si può fare con azioni quotidiane, sostenendo attività filantropiche, ed anche con investimenti mirati. Torneremo presto su questi temi.
Immagine di copertina: photo by Designecologist from Pexels
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