- 25 Marzo 2019
- Posted by: UFFICIO STUDI
- Categoria: Articoli e Interviste
Articolo a cura di Stefano Simionato, Responsabile Ufficio Studi ALFA SCF
L’EROSIONE DEI PATRIMONI PRIVATI ITALIANI
La statistica fa emergere dati amari, un segnale da cogliere per intervenire a livello individuale
Da ormai un decennio, l’ufficio studi di Credit Suisse pubblica annualmente un’analisi dettagliata dei livelli di ricchezza in ciascun paese e a livello mondiale. Si tratta di un documento sempre molto interessante, e anche la lettura del «Global Wealth Report 2018» porta ad alcune importanti osservazioni.
Innanzitutto si nota come, nonostante solo il 12% dei cittadini risieda nei paesi del G7, in queste nazioni si trova ancora quasi il 60% dei patrimoni a livello globale: oltre il 30% negli USA, circa il 17% nei maggiori paesi europei e il 10% tra Canada e Giappone. Anche la posizione dell’Italia è, da questo punto di vista, molto buona. Con un patrimonio complessivo di circa 10,6 miliardi di dollari (il 3,3% della ricchezza globale), il nostro paese è il settimo più ricco al mondo.
Il patrimonio medio pro-capite dei cittadini italiani è oltre il triplo rispetto a quello medio a livello mondiale ed è più elevato del 50% rispetto alla media europea. Anche in paesi come la Germania si notano livelli di ricchezza medi inferiori. Oltretutto, la ricchezza degli italiani sembra essere meglio distribuita che altrove. Il «nostro» patrimonio mediano è infatti circa il quadruplo rispetto a quello medio continentale, è superiore addirittura rispetto a quello statunitense e l’indice di Gini (che è tanto minore quanto maggiore è l’equità) in Italia è tra i più bassi.
I dati relativi al 2018 sembrano quindi a prima vista soddisfacenti. Per avere una visione più ampia e trarre delle conclusioni pratiche, è però opportuno fare anche un confronto con il passato.
Guardando i dati relativi a quindici anni fa si nota infatti che la polarizzazione dei patrimoni nei paesi del G7 anni fa era molto più evidente. I cittadini di questi paesi detenevano quasi il 70% dei patrimoni e una fetta decisamente minore era in mano a quei paesi emergenti che oggi detengono invece quote sempre maggiori di ricchezza (su tutti, naturalmente, la Cina).
Inoltre, il confronto con il 2004 evidenzia in modo particolare come sia proprio l’Italia il paese che negli ultimi anni ha perso la quota più importante. All’inizio del millennio, il nostro paese era il quarto più ricco al mondo e, a livello di ricchezza mediana, era superato dal solo Lussemburgo. Oggi, dopo anni di ormai costante crisi, l’Italia è il ventesimo paese al mondo per ricchezza media, ha visto una crescita praticamente nulla della ricchezza totale e – a differenza di altri paesi – ha registrato una crescente diseguaglianza. Il patrimonio mediano degli italiani oggi è, come detto, ancora più elevato rispetto a quello di tedeschi e americani, tuttavia è diminuito del 40% rispetto alle rilevazioni del 2004.
Pur tenendo in considerazione l’effetto dei tassi di cambio (per la verità presente però anche nei dati relativi agli altri paesi diversi dagli USA), i dati appena visti ci portano ad alcune conclusioni.
A livello macro, si evidenzia una volta di più come l’Italia sia ancora un paese ricco. A differenza del passato, però, i patrimoni degli italiani oggi non sono più particolarmente elevati in confronto con le altre grandi potenze. L’assenza di crescita, o addirittura la contrazione dell’economia, stanno gradualmente mettendo in pericolo i patrimoni generati nei decenni passati, e qualsiasi discorso in merito alla ridistribuzione di ricchezza ha poco senso se questa ricchezza non viene prima creata.
A livello micro, invece, questi dati mostrano quanto sia importante per i singoli investitori e risparmiatori difendere adeguatamente i patrimoni tuttora esistenti, valorizzandoli e mettendoli al servizio del raggiungimento dei propri obiettivi di vita.
Immagine di copertina: CC0 from Pixabay
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