- 5 Marzo 2018
- Posted by: UFFICIO STUDI
- Categoria: Articoli e Interviste
Articolo a cura di Stefano Simionato, Responsabile Ufficio Studi ALFA SCF, estratto dal report mensile ALFA&BETA di Marzo 2018 riservato ai clienti (scarica qui i report ALFA&BETA Sintesi).
TEMA DEL MESE – MARZO 2018 – LEGISLATURA NUOVA, PROBLEMI VECCHI
Le urne si sono chiuse da poche ore e a breve il presidente Mattarella comincerà le consuete consultazioni tra i gruppi parlamentari per la formazione del nuovo governo. In attesa di conoscere l’esito delle trattative tra i principali esponenti politici nazionali, cogliamo l’occasione elettorale per analizzare più da vicino l’attuale situazione economica italiana e comprendere quali sono le principali problematiche che si troverà ad affrontare il prossimo esecutivo.
Nel corso della XVII legislatura, cominciata in seguito alle elezioni del febbraio 2013 e da poco terminata, il PIL del nostro paese è cresciuto in totale appena dell’1,9% (dati aggiornati a fine 2017). Buona parte di questa crescita è stata generata nell’anno da poco conclusosi, terminato con un’espansione dell’1,6%.
Se andiamo a vedere nel dettaglio le singole componenti del PIL notiamo però che l’andamento positivo dell’ultimo quinquennio non è stato generato da spinte interne.
Nonostante la debole ripresa nel 2017 (+0,4%), i consumi sono in calo del 2,2% rispetto a cinque anni fa; il contributo della spesa pubblica all’economia nazionale è rimasto invariato, mentre gli investimenti, sebbene in netta crescita nel 2017 (+4,6%), sono ancora ad un livello inferiore rispetto a fine 2012.
A generare la crescita dell’ultimo quinquennio è stata dunque in particolare la domanda proveniente dall’esterno. La più che soddisfacente crescita globale ha trainato almeno in parte anche l’economia italiana. La crescita dell’export e il conseguente miglioramento del saldo commerciale nazionale hanno favorito la produzione industriale, in buona ripresa, e tenuto a galla un’economia ancora alle prese con una disoccupazione a doppia cifra e un elevato debito pubblico.
Se i dati relativi all’ultimo quinquennio non entusiasmano, ancora più allarmante è confrontare l’attuale situazione con quella di dieci anni fa. Rispetto all’inizio della XVI legislatura, il PIL è oggi più basso del 5,3%. Tutto ciò è il risultato della contrazione dei consumi, della flessione della spesa pubblica e del crollo degli investimenti. Nonostante la ripresa degli ultimi anni, e del 2017 in particolare, la produzione industriale è ancora molto lontana dai livelli pre-crisi. La disoccupazione e il debito pubblico rimangono invece nettamente più elevati.
Il deficit pubblico oggi è inferiore rispetto a cinque anni fa, ma ancora elevato rispetto ai livelli pre-crisi. Pesa molto su questo indicatore il costo degli interessi su un debito che rimane tra i più elevati al mondo e che, stando alle stime dell’ultima legge di bilancio, nel 2020 sarà ancora pari al 123,9%.
Insomma, il nuovo governo dovrà affrontare problemi vecchi, non certo risolti con la discreta crescita degli ultimi trimestri. Per tornare a crescere stabilmente l’Italia ha grande bisogno del contributo della sua domanda interna. Un contributo difficile da raggiungere finché la disoccupazione e l’elevato debito pubblico freneranno, direttamente o indirettamente, i consumi e gli investimenti. Ci si dovrebbe dunque auspicare che il prossimo governo favorisca la riduzione del debito pubblico e contribuisca a creare le condizioni per una solida ripresa del mercato del lavoro.
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