- 5 Marzo 2019
- Posted by: UFFICIO STUDI
- Categoria: Articoli e Interviste
Articolo a cura di Stefano Simionato, Responsabile Ufficio Studi ALFA SCF, estratto dal report mensile ALFA&BETA di Marzo 2019 riservato ai clienti (scarica qui i report ALFA&BETA Sintesi). A disposizione per tutti coloro che ci seguono la versione testuale ed anche il video commento.
TEMA DEL MESE – MARZO 2019 – ALLA SCOPERTA DELL’ECONOMIA AFRICANA
L’Africa occupa più di un quinto della superficie globale (tre volte gli Stati Uniti) ed è abitata da oltre 1 miliardo e 200 milioni di persone (il 16% della popolazione mondiale). Nonostante ciò, è praticamente ignorata nelle analisi macroeconomiche ed è sostanzialmente esclusa dalle valutazioni di asset allocation.
Questo fatto si può spiegare con un semplice dato: il PIL nominale dell’intero continente africano è poco più elevato di quello di un paese medio-piccolo come l’Italia. E’ dunque inevitabile che, allo stato attuale, l’influenza di quanto accade in Africa sulle dinamiche globali sia molto contenuta.
Se fattori climatici e, ancora di più, storici e geopolitici possono sicuramente spiegare larga parte di questo ritardo, nello stesso tempo è oggi interessante guardare al futuro cercando di comprendere le potenzialità e le prospettive di questo enorme continente.
Quando si parla di Africa è bene premettere che si fa in realtà riferimento a un continente davvero molto vasto sia geograficamente che politicamente, con 54 differenti stati sovrani e un’infinità di sfumature anche dal punto di vista culturale. Ciò premesso, è però anche vero che nelle cinque maggiori economie dell’area (Algeria, Angola, Egitto, Nigeria e Sudafrica) si concentra un terzo della popolazione e si generano due terzi del PIL. Un’analisi della situazione di questi paesi può quindi essere considerata un’approssimazione abbastanza affidabile per ragionare sull’intero continente.
Analizzando alcuni dati sui cinque maggiori paesi africani si può quindi innanzitutto dire che la situazione è sicuramente migliorata molto negli ultimi decenni. I tassi di crescita, sebbene in rallentamento nel recente passato, sono stati elevati sia in senso assoluto che nel confronto con le economie occidentali. E, andando più nel concreto, un problema come quello della fame, per quanto ancora presente, è stato gradualmente ridimensionato (soprattutto nei paesi in cui c’erano situazioni più problematiche come l’Angola).
Ora, le basi per proseguire su questa rotta sicuramente esistono: l’Africa è un continente ricco di risorse naturali e ha dalla sua parte anche la demografia. Oltre a essere molto giovane, la società africana è infatti anche caratterizzata da tassi di crescita della popolazione elevati che, se ben gestiti, possono essere un volano allo sviluppo. Inoltre, come evidenziano le differenze di reddito con i paesi occidentali, il gap da colmare è ancora enorme, anche ad esempio dal punto di vista infrastrutturale.
Di fianco a questi dati incoraggianti, però, quando si osservano le attuali condizioni dei paesi africani si notano anche economie tuttora troppo poco diversificate e dipendenti sia dalle risorse naturali (oltre il 90% dell’export di paesi come Angola, Algeria e Nigeria è legato ad esempio al solo settore petrolifero) che dalle potenze internazionali (ieri i paesi europei, oggi in particolare la Cina).
I livelli di corruzione elevatissimi rispetto a qualsiasi standard occidentale e, se si escludono singoli casi virtuosi come quello del Sudafrica, i livelli di democrazia ancora bassi sono infine un ulteriore forte freno alla crescita e agli investimenti.
Tutto questo fa sì che l’indice di sviluppo umano dei paesi africani rimanga medio-basso (solo il 5% della popolazione, in gran parte algerini e tunisini, vive in nazioni considerate ad «alto sviluppo») e la ricchezza della popolazione sia praticamente inesistente se confrontata con paesi come l’Italia o gli USA.
L’Africa, insomma, è ancora una grande incognita. Le potenzialità di crescita di questo continente sono enormi, probabilmente più alte che in qualsiasi altra area del mondo; nello stesso tempo, però, i freni a questo possibile sviluppo sono tanti e di varia natura. Per questi motivi, inserire l’Africa nell’asset allocation è senza dubbio possibile, ma è un «azzardo» adatto solo a profili di rischio alti e necessariamente per pesi minimi di portafoglio.
Immagine di copertina: CC0 from Pixabay
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