UN PATRIMONIO INVISIBILE: l’educazione finanziaria che si riceve in famiglia

Delle svariate eredità possibili, ne esiste una molto importante. Questa non è certificata da nessun notaio, né registrata in alcun atto giuridico. Eppure, riesce ad avere un enorme impatto sulla nostra vita adulta: l’educazione finanziaria che riceviamo – o non riceviamo – in famiglia. 

Nessuno cresce con un istinto naturale alla gestione del denaro. Tutto ciò che sappiamo – o crediamo di sapere – lo impariamo per osmosi. 

Che cosa vuol dire? 

È l’atteggiamento assunto dai genitori davanti a una spesa imprevista, i loro silenzi quando si parla di soldi, il modo in cui discutono – o evitavano di discutere – del futuro economico. Tutto questo, per i bambini prima e per i giovani adulti, poi, rappresenta esempio. 

È in famiglia che si formano i nostri primi atteggiamenti finanziari.  

Tutto questo porta con sé emozioni complesse: ansia, fiducia, abbondanza, scarsità, controllo o pianificazione. 

Sei d’accordo? 

Continua pure a leggere questo articolo! 

Casa: la prima scuola di finanza

Molti adulti oggi si trovano a dover educare i propri figli al denaro senza aver ricevuto, a loro volta, un’educazione chiara in questo senso. 

Il risultato? Si improvvisa, si replica e, laddove possibile, si corregge. Ma più spesso, si tace, si fa finta di niente. 

In molte famiglie, ancora oggi, parlare di soldi è un tabù. 

Non perché manchi l’interesse o l’intelligenza per affrontare certi temi, ma perché mancano strumenti, parole e soprattutto esempi. 

Eppure, è proprio tra le mura domestiche che si pongono le basi per un rapporto sano con il denaro. Non si tratta di spiegare ai bambini cos’è un ETF o come si calcola il rendimento di un’obbligazione, ma di trasmettere un concetto più semplice: il denaro è uno strumento. Serve a costruire. E si può imparare a usarlo bene. 

Genitori e figli oggi parlano due lingue diverse anche quando si tratta di denaro. 

I primi, cresciuti spesso in un contesto in cui la parola d’ordine era “risparmiare”, tendono a vivere il denaro come qualcosa da proteggere: un rifugio, una sicurezza, una forma di controllo sulla vita. 

I secondi, immersi in un’economia digitale, veloce e iperconnessa, vedono i soldi come uno strumento per esplorare, crescere, vivere esperienze. 

Questa distanza culturale genera spesso incomprensioni reciproche: 

  • “Mio figlio non sa cosa significhi sacrificio!” 
  • “Mio padre non capisce che oggi il mondo funziona in modo diverso!” 

Ma il punto non è decidere chi ha ragione.  

Il punto è creare un ponte di comunicazione, una nuova grammatica famigliare del denaro che tenga insieme esperienza e visione, prudenza e libertà, basi solide e desideri futuri.

Una delle convinzioni più pericolose è che i giovani non siano interessati alla finanza. In realtà, nessuno è disinteressato a vivere con serenità e autonomia. Quello che manca, spesso, è la capacità di collegare le proprie scelte quotidiane a una prospettiva di lungo termine. E questo è proprio ciò che una buona educazione finanziaria dovrebbe offrire. 

Educare non significa creare piccoli risparmiatori modello, né caricare i ragazzi di responsabilità sproporzionate. Educare significa offrire contesto, strumenti e fiducia. 

Tre step: 

  1. Insegnare a distinguere un bisogno da un desiderio (esempio: bisogno = mangiare; desiderio = nuovi occhiali da sole di brand di lusso); 
  2. Capire la differenza tra spesa e investimento (esempio: comprare l’ultimo smartphone appena uscito solo perché è di tendenza è una spesa; seguire un corso che ti aiuta a migliorare le tue competenze professionali è un investimento); 
  3. Sapere come si costruisce un obiettivo finanziario, anche semplice, come un viaggio o una piccola riserva personale. 

Queste competenze non si imparano da sole. Ma una famiglia consapevole può coltivarle giorno dopo giorno, senza stress, senza rigidità, senza trasformare il denaro in un’ossessione. 

Ti diciamo tutto questo perché, quando si parla di gestione del denaro, è facile scivolare in una trappola mentale: quella del controllo ossessivo. 

Il bisogno di avere tutto sotto controllo nasce da un vissuto di incertezza, dalla paura di non farcela. Ma il controllo, per quanto possa sembrare rassicurante, non genera libertà. Genera ansia, senso di colpa, frustrazione. 

Diverso è il concetto di pianificazione. 

Pianificare significa: 

  • Progettare il futuro senza pretendere di conoscerlo; 
  • Fare delle ipotesi, fissare dei paletti, immaginare alternative; 
  • Darsi delle priorità senza rinunciare alla flessibilità. 

Un genitore che impone il controllo rischia di trasmettere insicurezza e rigidità. Un genitore che coinvolge i figli nella pianificazione, al contrario, li educa alla responsabilità, alla gestione dell’incertezza, al pensiero critico. 

Per esempio, invece di dire: 

“Non puoi spendere questi soldi, dobbiamo risparmiare”, si potrebbe dire: “Abbiamo questo budget: vogliamo usarlo per questo obiettivo o ne hai un altro in mente?”. 

Nel primo caso si trasmette il limite, nel secondo si trasmette il valore della scelta 

Sempre più famiglie oggi sentono il bisogno di trovare un alleato per parlare di denaro con i figli in modo costruttivo, semplice, libero da ansie o sensi di colpa. Perché il benessere economico si costruisce nel tempo, ma si inizia da piccoli, con gesti semplici. 

A volte basta una conversazione in più, una decisione condivisa, una spiegazione in più. Altre volte serve qualcuno che aiuti a vedere il quadro d’insieme, a prendere decisioni consapevoli, a costruire una cultura finanziaria famigliare solida, sostenibile, serena. 

 

E tu, come ti approcci alle tematiche finanziarie con i tuoi figli? 

La consulenza indipendente di ALFA SCF può diventare un’alleata preziosa anche per le famiglie che desiderano trasmettere ai figli una gestione finanziaria equilibrata, libera dal peso del controllo, ma ricca di significato, pianificazione e fiducia. 

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Al prossimo articolo! 

ALFA SCF


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